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Un viaggio alla ricerca d'attimi ed emozioni.
La voglia di far vedere agli altri ciò che con la sua forza mi emoziona è stata causa e motore del fortunato incontro con la fotografia, un linguaggio artistico nel quale la tecnica è presto divenuta strumento, non ostacolo nè tantomeno fine, del processo creativo. Non mi pongo limiti nella scelta dei soggetti, amo anzi confrontarmi con le situazioni più disparate, l'importante è scorgere una sensazione da tradurre e veicolare. Trovo che la bellezza risieda nella semplicità, con semplicità ed essenzialità cerco quindi di svolgere il mio lavoro.

Sono nato e vivo a Feltre, proprio la bellezza che la avvolge mi ha portato negli anni Novanta ad accostarmi alla fotografia. Per motivi anagrafici ho iniziato a lavorare a pellicola, sia con sistemi 35 mm che medio formato, seguendo spesso tutta la lavorazione dallo scatto alla stampa in camera oscura. Oggi lavoro con soddisfazione utilizzando gli strumenti digitali che la tecnologia offre, senza però mai dimenticare quanto appreso negli anni “argentici”.

Eclettico nella vita e nel lavoro le mie foto sono presenti in varie pubblicazioni, sia tecniche che artistiche, diffuse anche a livello internazionale.

Amo anche scarabocchiare e scrivere... ma questa è un'altra storia.


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Perché ho scelto di essere fedro?
Sì perché l’ho cercato, l’ho scelto!
Ve lo racconto.

Il richiamo iniziale è al più famoso Lupo della storia della filosofia occidentale, Fedro, uno dei personaggi dei Dialoghi di Platone (infatti in greco antico "Faidròs" significa letteralmente lupo). Fra tutti i personaggi “inventati” da Platone come interlocutori di Socrate, Fedro è il più ribelle, il meno disciplinato, sembra quasi selvatico.
Socrate discute con Fedro di estetica: nel pensiero degli antichi l'estetica si riferiva all’arte considerandone anche l'ispirazione nonché il fine, che doveva essere portatore di significato, educativo, dunque in qualche modo etico. 
I "dialoghi" fra i due si svolgono perciò sulla labile linea di confine tra estetica ed etica.

Attraverso Fedro, Platone affronta un principio fondamentale, quello della difesa della "mania" sacra, dell’invasamento divino in quanto unica fonte di creatività accettabile. Secondo Platone è infatti sbagliato creare arte usando la razionalità, in quanto si genererebbe qualcosa di “falso”. La vera arte è dunque solo quella dettata dalla sacra follia, processo creativo in cui l'artista è solo uno strumento dell'ispirazione divina.
Fedro serve allora a Platone per dimostrare la necessità di questa follia divina che eleva l'uomo a un livello molto vicino a quello divino, ben oltre quello umano, senza però perderne tutti i limiti costitutivi, trascinandolo perciò anche, attraverso l’immersione nell’irrazionalità assoluta, quasi inevitabilmente alla follia.

L'idea del Lupo-Fedro, creatore fertile e ribelle, visionario, verrà poi ripresa, diversi secoli dopo, nell’opera di uno scrittore americano contemporaneo di Kerouak, Pirsig, impegnato come lui, anche che se in modo differente, nel viaggio alla scoperta di sé. Il titolo del libro in questione è Lo zen e l'arte della manutenzione della motocicletta.
Nel romanzo, autobiografico, il protagonista è un brillante docente universitario di letteratura che, nel cercare una sintesi filosofica alla questione dell’ispirazione creativa razionale e irrazionale in un lungo sforzo tanto geniale quanto totalizzante, finirà, abbracciando il suo “riaffiorato” io interiore, Fedro appunto, per sprofondare nella depressione e nella malattia mentale.
Le sedute di elettroshock lo riporteranno alla “normalità”, ma gli resterà dentro il seme di un tormento interiore che lentamente metterà radici: vuole tornare a vedere attraverso di occhi di Fedro.
Nel dipanarsi della storia, durante un viaggio on the road and in the mind, il protagonista ritroverà Fedro, che però si dimostrerà nuovamente un fardello che lo isolerà dagli altri esseri umani, perché, attraverso i suoi occhi, può vedere oltre ciò che gli altri vedono: questa è la follia. Una necessità, una scelta.

E ora ci sono io, fedro: in minuscolo, ma non per questo meno selvatico, visionario e perennemente sull’orlo della follia, magari non sacra, in minuscolo appunto. E funziona, tanto che ormai da anni molti mi riconoscono solo come fedro.

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